Zurigo: considerazioni a margine

di Marco Gioanola.

Come ben saprete è stata la serata dei saluti e dei ringraziamenti, della chiusura del tour europeo, dei ringraziamenti alla crew e ai fan. La serata NON si è conclusa col consueto momento acustico, e l’ho trovato giusto così, che anche se Shout e Twist and Shout sono più che trite e più che ritrite, è più bello salutarsi col sorriso sulle labbra che no.

Il contorno

Avevamo preso i famosi biglietti front of stage (cioè pit), che da molti vengono criticati con motivazioni a mio parere deliranti e che quindi non commenterò oltre. Non posso fare a meno comunque di notare che questi biglietti più cari non hanno dissuaso i professionisti della transenna dal farsi code bibliche per assicurarsi il privilegio di toccare Bruce, essere inquadrati in continuazione dalle telecamere dei maxischermi, e convincersi del fatto che Bruce stesse facendo il concerto solo per loro, che purtroppo un po’ ormai è vero, e in effetti il fomentare questo strano culto è forse l’aspetto che meno mi piace del Bruce degli ultimi anni.

Nonostante le critiche all’odioso sistema dei biglietti più cari, evidentemente portate da una rumorosa minoranza, il pit era pieno di italiani, segno che nè i soldi nè il tempo da perdere mancano, quindi a maggior ragione continuo a non capire le lamentele. E vorrei fare un’altra piccola riflessione al riguardo: come faccio ad essere sicuro che la stragrande maggioranza del pubblico del pit fosse italiano?

Non ho mica controllato i documenti. E nonostante spesso mi ritrovi su posizioni nettamente lombrosiane, non ho nemmeno misurato l’altezza degli zigomi dei presenti.

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Il fatto è che gli italiani li distingui perché sbraitano e si agitano. Gli uomini urlano, le donne si agitano. Gli altri, no. Gli altri (“gli svizzeri”!) sono invece colpevoli del fatto di lasciare la posizione per uscire dal pit e andare a comprare la birra. Vergogna! (tra l’altro in tutto il concerto mi sono passati vicino al massimo 5-6 portatoridibirra, un fastidio comunque minimo rispetto al continuo via vai che misteriosamente c’è invece nei “general admission” italiani). E tra l’altro in Svizzera se compri quattro birre ti danno un bel portabirre di cartone così basta uno solo che va al bar e inoltre non c’è rischio di roversciarle addosso a nessuno. Chi ha già sbottato “eh ma questo qua è uno snob esterofilo e si offende se gli arrivano due gocce di birra a macchiargli le Louboutin” avrà quindi ora smesso di leggere, quindi tanto vale che continuo. Esempi di italiani che sbraitano: “hai proprio rotto il cazzo con sta bambina!” urlato al tizio che si issava ogni tanto la figlia infante sulle spalle (il tizio con la figlia s’è spostato, l’urlatore è rimasto impalato a urlare le parole delle canzoni); “eh ma cheppalle questa è una merda” esclamato ripetutamente all’attacco di Roll Of The Dice (io mi sono divertito, quindi il tizio ha capito che non gli avrei dato corda e ha smesso di rivolgermi la parola); “roma provincia, milano capitale” scandito urlando da un gruppo di dementi alle mie spalle non mi ricordo durante quale lento, non so se 41 Shots o addirittura Jungleland – però noi critichiamo gli svizzeri che comprano la birra. Dulcis in fundo, quando Bruce urla Zurich, tutti i tamarri nostrani che rispondono “buuuuuu”. Mi vergogno spesso di condividere la cittadinanza con certa gente, e questo è stato uno di quei momenti.

L’unico contatto che abbiamo avuto con uno svizzero è stato quando lui ha chiesto a mia moglie se voleva passargli davanti in modo da vedere meglio.

Però comprano la birra, imperdonabile. Che bestie. Che ignoranti.

Il concerto (finalmente, scusate)

Come tutti i miraggi, più passa il tempo più ti convinci che è stato un miraggio: soprattutto all’inizio del concerto, quando il maxischemo inquadrava Max, e si intravedeva il foglio con la scaletta. E io giurerei di aver visto scritto “The Promise”. Oh, poi sarà stato sicuramente “The Promised Land”. Ma sì, dai, facciamo che era “The Promised Land”. Perché altrimenti mi dispiacerebbe un po’. Poi ho anche intravisto qualcosa dopo Bobby Jean che aveva un titolo lungo, tipo “landofhopeandreams” ma anche lì facciamo che mi sono sbagliato.

La scaletta la trovate dappertutto, quindi è inutile che ve la racconto. Solo qualche nota sparsa.

Non so perché, ma My Love Will Not Let You Down durante il Reunion tour mi esaltava e adesso no, per niente.

M’è sembrato evidente (ma si sa, i miraggi…) che a un certo punto Bruce abbia deciso di virare verso il party-concert, raccogliendo cartelli a raffica, interagendo continuamente con le prime file, e sparando None But The Brave con un simpatico siparietto all’inizio (“Jake la sai, sei pronto?” e Jake che alza il pollice non so se per dire “che dio ce la mandi buona” oppure “sai che roba, sono tre note”, e bruce che se la ride), e Roll Of The Dice in cui dichiara persino “ho paura ad attaccare questa canzone” mentre temporeggia con le maracas sull’introduzione di Roy. Son tutte cose che a mi fanno divertire, ovviamente se non si esagera. Come ho letto anche altrove, i pezzi sono stati suonati tutti bene e le sbavature molto poche. Avremmo voluto sentire un po’ di Charlie Giordano in più, ma chissà, magari prende meno di stipendio e quindi suona meno note, boh.

Avrei fatto a meno della pioggia, e delle quindi obbligatorie Mary’s Place e Waiting (anche se il bambino è stato meno fastidioso del solito), ma continuerò a sostenere che se Bruce riesce a non rendermi completamente detestabili tali intermezzi, vuol dire che è proprio il migliore di tutti.

Jungleland, beh, è Jungleland, il mio film preferito. A togliergli la palma di momento top del concerto è stata la sequenza Murder Incorporated -> American Skin -> The Promised Land. Per chi non se ne fosse accorto, negli Stati Uniti d’America c’è un’emergenza legata all’estrema diffusione delle armi da fuoco e ce n’è un’altra legata agli omicidi legalizzati compiuti dalla polizia. Murder Inc. e 41 Shots parlano, molto chiaramente, di questo. E ne parlano da molti anni. E lo fanno in modo che non lascia spazio a fraintesi. Poi sicuramente un giorno Bruce farà una dichiarazione pubblica tipo quella del concerto di Greensboro e ci sarà chi se ne uscirà scandalizzato dicendo che Bruce non dovrebbe fare il politico e quindi, beh, io a questi scandalizzati di professione vorrei dirgli in anticipo: “non capite proprio un cazzo”.

Se non capite cosa vuol dire Murder Incorporated, se non vi commuovete quando durante 41 Shots Jake Clemons se ne sta tutto il tempo con le mani alzate, vuol dire che non capite proprio una beneamata fava nè di musica nè del mondo che vi circonda.

E nonostante tutto ciò, vorrei essere nato nello stesso paese di un cantante che canta queste cose e subito dopo canta “if I could take one moment into my hands, I ain’t a boy, no, I’m a man and I believe in a promised land”.

Top, massimo, inarrivabile, la ragione per cui Bruce Springsteen è nella storia della musica, altro che “i concerti di quattro ore”.

Ed è tutto.

Non avevo mai avuto richieste da fare al signor Springsteen. Ora ne ho qualcuna. Una è quella di smetterla di assecondare il pubblico delle prime file, di assecondare un culto, il culto del toccare i pantaloni sudati, il culto di toccare l’idolo, di smetterla di assecondare il collezionismo di concerti (PS: grazie, pittaroli col numero 100 gonfiabile che avete tolto la visuale a quelli dietro di voi), che è una cosa che non ha niente a che vedere con la musica e tanto meno con cose come l'”amicizia” o la “fratellanza” che tanto spesso vengono sbandierate dai professionisti della coda all’addiaccio. L’altra richiesta, che tutto sommato è la stessa, è di fare meno jukebox e, piuttosto, fare tour veramente a tema, come sarebbe dovuto rimanere questo qua: venti date con tutto The River e poi a casa a riposarsi. Venti date coi classici rock’n’roll dei 50-60 (come suggeriva qualcuno l’altra sera) e poi a casa. Venti date coi mariachi e poi a casa. Meno interazione col pubblico (come suggeriva qualcun’altro) e più musica: credo che anche gli altri musicisti sul palco gradirebbero, e forse dissuaderemmo un po’ del pubblico più burino dal presenziare religiosamente a serate su serate.

The River Tour 2016
One comment to “Zurigo: considerazioni a margine”
  1. ciao io sono quello che ha detto ,e non urlato, alla bellissima coppia svizzera che avevo davanti nel pit con la loro bellissima (e non e’ ironia bella davvero) bimba ..dicevo ho detto ,quando si sono spostati per avvicinarsi e tentare ,immagino, di arrivare a far notare la loro bellissima , ripeto, bimba o da Bruce o dalle telecamere……ho detto dopo 6 canzoni di bimba sulle spalle davanti ho detto la frase incriminata e che ripeterei tutt’ora visto che alla bimba dopo 2 canzoni del concerto non fregava nulla e io ,che segnalo al genio adoratore dei civilissimi , ameno 8 ubriachi marci vicino a me, svizzeri…..dicevo io ero li 35 anni dopo l’hallenstadion dell’81 a godermi non un rito per iniziati ma una goduria totale come ogni volta che ho visto Bruce in questi 35 anni non ero certo felice della bimba in groppa al bellissimo e civilissimo svizzero che almeno non era ubriaco. ho visto i due milano e roma oltre a zurigo e dico che cullarsi nell’idea che in italia sia sempre meglio e’ come minimo stupido ma la faccia di Bruce a roma , milano e firenze di sicuro non era quella di zurigo e visto che sembri un esperto di musica , da medico ti dico di guardare la faccia di una persona per capire come vanno le cose. se grido badlands con quanto fiato ho in gola a 56 anni non sono becero sono felice….spero per l’estensore dell’articolo che lo sia un decimo di me che ho comprato born torun nel 1975 e da allora tutto, anzi molto, e’ cambiato…….p.s. ho una figlia anch’io e in un pit di svizzeri non l’ avrei mai portata a 10 anni di eta’…..speriamo che Lui torni presto……

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