Rivalutando Magic

di Lorenzo Bianchi.

Beh… iniziamo dal titolo. E’ parzialmente sbagliato: per rivalutare bisognerebbe prima aver svalutato. Cosa che, personalmente, non ho mai fatto. Magic mi apparve da subito per il grande disco che era e che ancora ritengo sia. E’ parlando con gli altri devoti (ah, che brutte bestie che siamo noi devoti del Capo…) che ascolto cose strane, e che trovo personalmente incomprensibili.

Ad esempio che“Magic” sia palesemente inferiore a“The Rising” oppure a“Wrecking Ball”. Così come pare sia moda incrollabile definire ciofeca il successivo “Working On A Dream”, e guai a dissociarsi. Di “Warking On A Dream” parleremo in apposito approfondimento ma ora rimaniamo a “Magic” che da poco ha compiuto dieci anni.

Il Capo non si sentiva da un po’ con un disco E Street vero e proprio. Giusto da “The Rising”.
Il singolo che cominciò a girare per le radio suonava “strano”. Mi permetto un inciso. Quanto erano belli i tempi nei quali un brano di un tuo “eroe” suonava strano? Quanto era bello e vero il periodo, lungo ma temo finito, nel quale si osava il “nuovo” e non la comoda sicurezza da successo (presuntivamente) garantito?

Comunque, “Radio Nowhere” spiazzò. Un brano rock, piuttosto duro e piuttosto “impegnato”. Niente di meno soul. Poi sentimmo l’intero album.

Anzitutto il suono. Una produzione strana, apparentemente un po’ “inscatolata”, ovviamente voluta, certamente non brillante come sarebbe stata quella degli ultimi due album prodotti in studio, mentre esattamente uguale (tanto da far parlare molti di scarti) sarebbe stata quella di “Working On A Dream”.

Questo disco suona, come dire… “lontano”, con un’epica di suono tutta sua. Che, ovviamente si sarà capito, a me piace moltissimo.

Si alternano ballate un po’ alla Roy Orbison, ove anche la voce del nostro è “lirica” e più pulita, alle classiche ballate sprinsgteeniane alcune davvero splendide. Su tutte la title track, un classico soul alla “Hungry Heart” e alla “Waiting On A Sunny Day”, e la splendida “Living In The Future”, a mio avviso superiore alle entrambe citate, ma purtroppo troppo sottovalutata, anche dalla stessa E Street live. Un classico solare come “Girls In Their Summer Clothes”, divertente e piena di vita, ed infine un classico che sarebbe diventato costantemente presente nelle scalette a venire, comprese le monotone del copione Broadway attuale, ovvero la splendida e simbolica “Long Walk Home”.

“Magic”, a differenza dei dischi successivi, che mescolano cose ottime a cose sufficienti, e soprattutto cose nuove a recuperi vari, ha l’aria di un progetto realmente organico, studiato, quasi un concept album “di una volta”. Con un sapore né vecchio né nuovo, ma senza tempo. Sapore che conserva ancora oggi e che secondo me caratterizzerà sempre questo album.

Il discorso, ovviamente discutibile e soggettivissimo, è relativo invece al giudizio complessivo sull’opera. E’ chiaro che posso solo dire la mia, senza alcuna pretesa di “universalità”.

Per me Magic è il più bell’album in studio, esclusi naturalmente i due acustici, da “Tunnel Of Love” ad oggi, compresi il bello ma compositivamente sopravvalutato “The Rising” e soprattutto i successivi dischi che suonano meravigliosamente, e che hanno una lieve proporzionalità inversa tra contenuto e confezione. Intendiamoci, pur bellissimi e con, qua e là, qualcosa di epocale comunque: è il progetto complessivo che è sempre inferiore, a mio parere senza alcun dubbio.

Non dimentichiamo, poi, che la Storia, malevola, vorrà che questo sia l’ultimo progetto completo con tutta la formazione originale della E Street Band. Non è poco, e si sente.

Ovvio che di tutto ciò si potrebbe parlare per ore. Ma siam già stati sufficientemente noiosi…

Discography

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