Gotta make it through the tunnel

di Piero Gattone.

Spanish Johnny ha appena salutato la sua Jane, inizia l’assolo finale ed è come sentirlo per la prima volta. Occhi chiusi, air guitar… Un intensità mai sentita, devastante. E poi l’esplosione
di ritmo di Rosie.

Ecco il mio MetLife si può sintetizzare in questi istanti.

C’è tanto da raccontare e ovviamente un logorroico come me non può esimersi dal farlo, quindi mettetevi comodi, apritevi una birra e partiamo. Un passaggio dall’altra parte del Lincoln Tunnel ve lo posso dare, anche per il ritorno.

Venerdì 20 aprile, una sudata CDS mi permette di passare il pomeriggio a cazzeggiare The Bossdavanti alla tastiera del PC di casa, e per caso senza volere, ma guarda tu, mi ritrovo sul sito di Ticketmaster. Qualche minuto dopo, mi ritrovo ad aver adottato 2 biglietti per gli show del 21 e del 22 settembre…

Ma io non volevo da beccarli (cit.)

Come faccio a sapere cosa succederà tra cinque mesi e un giorno. Il Big Boss non mi darà mai le ferie a fine settembre. C’è l’assicurazione, se non li uso me li rimborsano. Posso sempre cederli. Smetto quando voglio.

Il tempo passa, si rimbalza tra concerti e deliri lavorativi, nessuna certezza, tante incazzature, e sullo sfondo incombenti, i due biglietti. Alla fine, le cose si incastrano tutte, chiamiamolo destino, fortuna o karma. Le ferie vengono approvate, trovo dei compagni per le code davanti allo stadio e con l’aiuto di un offerta di Lufthansa pure un volo diretto ad un prezzo decente. Ed è che così la sera del 20 settembre mi ritrovo nella hall dello Sheraton Meadowlands.

Angolo Trip Advisor. La sala colazione al 21 piano ha una vista mozzafiato sulla skyline. L’albergo è situato a 300 metri in linea d’aria dal MetLife Stadium. Peccato che quei 300 metri siano ingombrati da uno svincolo della New Jersey Turnpike, e che per andare allo stadio in orari da coda per il pit si debba chiamare una macchina, perché il servizio navetta non è ancora attivo.

L’albergo è pure pieno di fans, compresa Anna che incontro nella hall la mattina dopo,
tranquilla come se fosse la cosa più normale del mondo incontrarsi in quel luogo. E questo sarà solo il primo dei momenti carramba che sorpresa del viaggio.

Allo stadio arrivo con una Suburban nera che fa tanto Vip e/o ganstarapper. Peccato che siano solamente le 11 e 30 del mattino. Ci sono ben 360 persone in coda. Trecentosessanta persone alle 11 e 30 del mattino…. ma siamo sicuri? Dove sono finito? Dove sono i fachiri da coda, quelli che all’urlo “penitenziagite (cit.)” si autoflagellano con svariati giorni di coda?

Arrivano pure Angela, Luca , Manuela, Fabrizio, Daniela, Cristina, e Maurizio. Tutti seri professionisti che in presenza di un tour di Springsteen recedono all’adolescenza (cit.). Finalmente ritiro i biglietti e il cerchio si chiude.

Appena si ottiene il braccialetto si può cercare riparo dal sole che picchia, alla fine dei due giorni di code davanti allo stadio, presento ustioni su entrambe le orecchie, sulla fronte e pure sulla nuca. Sono più abbronzato adesso che durante l’estate, anzi tra poco mi trasformerò in un piccolo lebbroso di Marituba, visto che sto iniziando a squamarmi. La lotteria è benigna, si entra nei primi 300 e ci si piazza davanti alla piattaforma dello zecchino d’oro.

Un giro per lo stadio, una birra, 9 dollari e 50 per una Coors light, ma una birra decente quanto costa in questo posto? 200 dollari? Il tipo delle birre, oltre ai 10 dollari mi chiede pure la carta di identità, manco fossi minorenne o uno sbirro che cerca di fare multe.

Alle 19 e 30 inizia il ritardo. Un oretta dopo lo show.

Parte Living on the edge of the word, e Brus si dimentica completamente il testo, alla fine strappa il foglio con il testo attaccato da un tecnico previdente alla passerella e la canta leggendo.

Come sempre, prima di ogni concerto, ho un paio di canzoni che mi piacerebbe che fossero nella scaletta. In questo caso mi presentavo senza desideri dato che tutte le canzoni che avrei voluto sentire, Prove it con l’intro 78 style, Racing e pure, rullo di tamburi, Human touch le aveva fatte nella sera uno.

Per cui, vada come vada. Un po’ di canzoni tirate per scaldare, come se servisse, il pubblico e poi.

…The ragamuffin gunner is returnin’ home like a hungry runaway… Ok. Va bene. Lost in the flood. Posso tornare a casa a piedi. Quello che arriva dopo è tutto in più. E di cose ne arrivano, tante, dalle richieste di informazioni, Does this bust stop at 82nd street?, agli amici che fanno un viaggio da Long Island alle paludi del Jersey, e vogliono cantare insieme le canzoni folk della Louisiana.

Focca la bindella! Si presenta sul palco Gary US Bonds per cantare insieme Jole blond e This little girl, come nel luglio dell’81 quando ha inaugurato la costruzione dall’altra parte della strada. (attualmenente Izod Center)

Apriamo una parentesi.

Considero la versione di This depression su Wrecking ball una chiavica, e non avrei mai e poi voluto sentirla dal vivo. Invece il bastardo sul palco la inizia, e porca sidella con la collaborazione di Nils ha riarrangiato il break strumentale. Da capottamento, spettacolo puro, ma era così difficile, mettere una versione simile sul disco? A con l’acca saperlo, saperlo.

E non è finita qui… arriva pure la festa a casa di Mary, prima che lo zecchino d’oro, ci dia un momento di pausa. E poi arrivano, come già detto Spanish Johnny e Rosie. I bis scorrono veloci e con American land ci manda tutti a nanna. Domani è un altro giorno. Un altro concerto. La vigilia del suo compleanno e, visto il ritardo abituale, le possibilità che si arrivi alle prime ore del 23 sono elevate. Il meteo cospira per renderlo difficile. Ci sono previsioni di thunderstorms dal tardo pomeriggio.

Dopo una colazione pantagruelica, con tanto di piatto di uova strapazzate e toast intrisi di burro fuso, che al solo guardarli mi è salito il colesterolo di 300 punti si riparte con la solita Suburban per il MetLife.

Di nuovo coda, questa volta ci tocca il 200, ma il sorteggio sarà beffardo. La nostra dose di fortuna, ce la siamo giocata, con il momento stalking e la richiesta all’autore di suonareMeeting across the river.

Ci si rimette in fila e si rientra nel MetLife, pronti ad indossare lo scafandro. E invece, il tipo della security che sovraintende all’accesso ci fa prendere delle scale mobili verso l’alto, poi tutti in fila per tre si gironzola per i meandri dello stadio. Alla fine ci viene comunicato che per motivi di sicurezza, non vogliono che ci siano persone nel campo durante la tempesta, addirittura segnalata come tempesta di lampi. Only in Jersey.

Ci si svacca, si va alla ricerca di birra, cibo e magliette, arriva il primo temporale, e noi sempre li a campeggiare.

Arriva il vero momento carramba che sorpresa del viaggio. Conosciamo Giulia in coda appena davanti a noi. Si parla del più e del meno, e per la serie il mondo è dannatamente piccolo scopro che era una scout del Il Cala. Una domanda sorge spontanea, come mai non ha avuto un imprinting della malmogia del cala? I misteri della vita.

Nel frattempo cala la sera sulle paludi del New Jersey ed il tempo si mette al bruttarello. Parte un piovasco. D’accordo, dopo Milano 2003 e Firenze 2012, la pioggia non dovrebbe spaventarci, ma forse e solo forse, questa sistemazione all’asciutto nei sotterranei dello stadio e parecchio più piacevole.

Alle 22 termina l’allarme, ci si barda con svariati accessori antipioggia, dato che piove ancora e si entra nel campo. A tribune colme, un colpo d’occhio non male.

Facciamo in tempo a piazzarci in zona Steve che inizia il concerto. Entrata sulle note di In the midnight hour, Bruce che forse realizza che ha appena invitato 55.000 persone al suo party di compleanno.

Anche in questo caso la setlist è costruita con perizia, un classicone e una rarità giusto per far felice ogni tipo di pubblico. Si passa dalla tour premiere di Cynthia, da Badlands a Cover me, da una It’s hard to be a saint in the city con tanto di duello tra Brus e Stiv come nel 78 al Roxy, al ritorno di Gary US Bonds sul palco, che passa da rarità a doppione nel giro di 24 ore.

E poi Pay me my money down per dare un po’ di spazio agli E-streets horns, In the midnight hour chiamata sul palco, Into the fire e poi dopo la pausa (per il resto del pubblico, hanno suonato Waitin’ for a sunny day) si spengono le luci. Max lascia la batteria, Curt Ramm avanza e il professore inizia un giro di piano.

Hey Eddie, can you lend me a few bucks. Sììì Meeting e di seguito Jungleland. Emozioooone!

Si potrebbe discutere sul fatto che Jungleland venga ancora suonata, però succede, lui e’ il boss noi gli impiegati (cit. edved) che ci possiamo fare?

Jake mette un solo degno dello zio, io, non so perché mi ritrovo con gli occhi lucidi ed il concerto finisce cosi…

Iniziano i bis, questa sera tutte le ragazze cartellonate rimangono a secco. Brus chiede il permesso a Silvio Dante e balla nel buio con Maureen VanZant. Poi alla fine di Tenth avenue, irrompono sul palco una torta a forma di Fender con tanto di candeline, una pletora di parenti del Brus e inizia la festa di compleanno. Per fortuna non come agli show di No Nukes nel 79 in cui la torta è stata scagliata con violenza nel pubblico.

Un ultima Twist and shout per chiudere il concerto alle 2…. Alla fazza del coprifuoco.

Mi avevano detto peste e corna del pubblico del New Jersey, definirlo più interessato alla birra che al concerto era riduttivo, invece, tutti presenti fino alla fine, pochi ubriachi e nessuno che se ne andava prima. Il MetLife era pieno di europei?

Concert finiti, domenica mattina, che fare? Prendere un aereo e tornare a casa? No, si prende una macchina, si attraversa il Lincoln tunnel e si va un paio di giorni nella grande mela. Ma questa e’ un’altra storia.

To be continued… maybe. Salud y suerte.

Wrecking Ball Tour

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