Bruce, i Bee Gees e gli anni 70 a New York

di Alberto Calandriello.

Nel corso del recente tour in Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda, più di una volta Bruce ha iniziato il concerto con una cover “vicina” al paese dove stavano suonando. Una bella consuetudine, già sperimentata in Sudamerica, dove Bruce eseguì pezzi di Victor Jara, Leon Gieco e Raul Seixas.

Il tour, partito da Johannesburg, ha esordito con un pezzo degli Specials dal titolo “Nelson Mandela”, per poi approdare in Australia, dove sono stati “ringraziati” gli AC/DC con Highway to Hell, i Saints, la cui Just Like Fire Would compare nel recente album, per poi finire in Nuova Zelanda con una imprevista digressione nella hit parade attuale con Royals, il brano di Lorde.

In tutto questo, la data di Brisbane (26.02.14) ha però un valore diverso, a partire dalla cover scelta.

L’inizio di quel concerto è stato affidato, incredibile a dirsi, ad un pezzo dei Bee Gees, la famosa Stayin’ Alive, colonna sonora de “La febbre del sabato sera”. Quello che mi colpisce di quel concerto non è solo la scelta curiosa della cover, quanto l’atmosfera che, partendo da quel pezzo, si è creata allo stadio di Brisbane.

Stayin’ Alive può sembrare una scelta lontana anni luce dall’immaginario springsteeniano, ma leggendo il testo ho scoperto esattamente il contrario. Le aspirazioni, i sogni, la voglia di emergere del protagonista della canzone e del film non si distanziano poi così tanto da quelle di altri protagonisti, di altre canzoni.

Ecco perché, quella sera a Brisbane, per una buona parte del concerto, Bruce ha messo in scena una meravigliosa rappresentazione della New York anni 70, quella magari meno luminosa, quella dei vicoli, quella con gli sbuffi di vapore che escono dai tombini, quella in bianco e nero o virata seppia, quella dei bidoni all’angolo, appena a fianco delle scale che scendono verso la metropolitana.

Ed in un infantile gioco, mi piace immaginare che l’idea gli sia venuta partendo dal testo dei Bee Gees:

Well, you can tell by the way I use my walk,
I’m a woman’s man: no time to talk.
Music loud and women warm, I’ve been kicked around
Since I was born.
And now it’s all right. It’s OK.
And you may look the other way.
We can try to understand
The New York Times’ effect on man.

chi parla è sicuramente un uomo che combatte, che perde spesso, ma non si dà per vinto, che crede di potercela fare grazie anche alla comunità dove vive:

Whether you’re a brother or whether you’re a mother,
You’re stayin’ alive, stayin’ alive.
Feel the city breakin’ and everybody shakin’,
And we’re stayin’ alive, stayin’ alive.

ma soprattutto:

life goes nowhere, somebody help me

Una versione meravigliosa del brano, che spogliato dal ritmo dance, diventa un soul accattivante, grazie soprattutto ai tre coristi. Ma stiamo sul pezzo, perché la canzone successiva è questa:

I had skin like leather and the diamond-hard look of a cobra
I was born blue and weathered but I burst just like a supernova
I could walk like Brando right into the sun, then dance just like a Casanova
With my blackjack and jacket and hair slicked sweet
Silver star studs on my duds, just like a Harley in heat
When I strut down the street, I could feel its heart beat
The sisters fell back and said, “Don’t that man look pretty”
The cripple on the corner cried out, “Nickels for your pity”
Them gasoline boys downtown sure talk gritty
It’s so hard to be a saint in the city

Il legame c’è, mi sembra evidente, i due protagonisti forse non sono la stessa persona, ma camminano sulle stesse strade, ballano entrambi, perché Tony Manero voleva essere come casanova in effetti, hanno la grinta necessaria per resistere in quei vicoli, in quelle stazioni della metro abbandonate, circondati da prostitute e delinquenti.  Anche il protagonista di Stayin’ Alivesa, sa benissimo, quanto sia duro essere un santo, qui in città.

Ma la New York di quel periodo non è solo dura, sa essere anche ricca di colori, suoni, e personaggi curiosi, di quelli che si incontrano solo lì, ma unicamente in certi orari, ed ecco quindi che il nostro autista di pullman ce li introduce:


Wizard imps and sweat sock pimps

Interstellar mongrel nymphs
Rex said that lady left him limp
Love’s like that (sure it is)
Queen of diamonds, ace of spades
Newly discovered lovers of the Everglades
They take out a full-page ad in the trades
To announce their arrival
And Mary Lou, she found out how to cope
She rides to heaven on a gyroscope
The Daily News asks her for the dope
She said, “Man, the dope’s that there’s still hope”

tornando al secondo pezzo, insieme a questi strani figuri, sembra di vedere anche i saggi della metropolitana che sembrano degli zombie ed insomma il o i nostri protagonisti sembrano quasi perdersi, attorniati da cotanta umanità. Non a caso, sempre secondo il mio futile giochino iniziale, il pezzo successivo dice questo:

I stood stone-like at midnight, suspended in my masquerade
I combed my hair till it was just right and commanded the night brigade
I was open to pain and crossed by the rain and I walked on a crooked crutch
I strolled all alone through a fallout zone and come out with my soul untouched
I hid in the clouded wrath of the crowd, but when they said, “Sit down,” I stood up
Ooh… growin’ up

come dire, che se dobbiamo giocarci la vita, in questa New York che sembra uscita da un film di Scorsese con sceneggiatura di Frank Zappa, usiamo le nostri armi migliori: cuore, anima e fantasia, quella ne serve proprio tanta, per restare vivi, per provare ad essere santi, per resistere:

I swear I found the key to the universe in the engine of an old parked car
I hid in the mother breast of the crowd, but when they said, “Pull down,” I pulled up

La prima parte di concerto si chiude con una festa, una festa di compleanno di chi sta crescendo, una festa dove troviamo altri personaggi che starebbero bene nelle discoteche anni 70, dove magari cambierebbero la musica, ma sarebbero sicuramente in pista a trascinare gli altri:

Crazy Janey and her mission man
Were back in the alley tradin’ hands
‘Long came Wild Billy with his friend G-Man
All duded up for Saturday night
Well, Billy slammed on his coaster brakes
And said, “Anybody wanna go on up to Greasy Lake?
It’s about a mile down on the dark side of Route 88
I got a bottle of ros so let’s try it
We’ll pick up Hazy Davy and Killer Joe
And I’ll take you all out to where the gypsy angels go

gli spiriti nella notte sono quelli che riescono a resistere meglio, forse, in questo delirio, in questo calderone, sono quelli vivi, gli unici che vivono veramente. Cinque canzoni e un mondo, cinque pezzi e un firmamento di ipotetiche stelle del cinema, di un cinema sotterraneo e clandestino, dove gli spettatori sono pazzi come gli attori, pazzi ma splendidi.

Se proprio dobbiamo tornare agli anni 70, ecco che tutti questi personaggi, dal ballerino dei Bee Gees a Janey la pazza, possiamo immaginare di trovarli in una scuola d’arte, come quella di “Fame”, dove ognuno per la sua strada, cercano un posto nel mondo, un modo per andarsene, la chiave dell’universo. E si, tra il ballerino pieno di brillantina e il timido e visionario ragazzo con la chitarra sempre a tracolla, ora, la differenza sembra molto ma molto meno evidente

Sembra logico pensare, leggendo la scaletta, che questa prima mezz’ora di concerto abbia poi fatto pensare a bruce di riproporre per intero il suo secondo album, quel “The Wild the Innocent and the E Street Shuffle” così pieno di personaggi, luoghi e situazioni del tutto simili a quelle di cui ho raccontato sopra.

Così a Brisbane si sono ritrovati anche Kitty, Catlong, Rosalia, Spanish Johnny, Puertorican Jane, Diamond Jackie, Billy e tutta quella carovana di magnifici perdenti che hanno riempito la prima parte della carriera di Bruce:

Spanish Johnny drove in from the underworld last night
With bruised arms and broken rhythm in a beat-up old Buick
But dressed just like dynamite

Forse Incident tra tutte, qui a Brisbane eseguita in modo stellare, è la più vicina alle tematiche di Stayin’ Alive, a partire dalla presenza forte della comunità sudamericana e dalla presunta brutta fine che farà il protagonista.

Quello che sta succedendo a Brisbane è, come detto, la rappresentazione di una buona parte dell’universo che ha popolato le canzoni di Bruce, nel luogo che a loro più si confà, quella New York che per un volgare ragazzotto di Rumson appare enorme, cattiva, spaventosa, ma proprio per questo terribilmente affascinante e stimolante:

She says “Those romantic young boys
All they ever want to do is fight”
Those romantic young boys
They’re callin’ through the window
“Hey Spanish Johnny, you want to make a little easy money tonight?”

Il tutto si conclude, come potrebbe essere altrimenti? con un inno a questa madre\matrigna, santa e puttana, cannibale e ricca di opportunità.
Con una serenata:

Billy he’s down by the railroad tracks
Sittin’ low in the back seat of his Cadillac
Diamond Jackie, she’s so intact
As she falls so softly beneath him
Jackie’s heels are stacked
Billy’s got cleats on his boots
Together they’re gonna boogaloo down Broadway and come back home with the loot
It’s midnight in Manhattan, this is no time to get cute
It’s a mad dog’s promenade
So walk tall or baby don’t walk at all

Cala dunque il sipario, su questo viaggio a ritroso, in un posto ed in un tempo che non ci sono più. Ciao New York, ciao anni 70.

Hei baby, non vuoi prendere la mia mano?

Fatti una camminata con me per Broadway

High Hopes Tour

Benvenuto su badlands.it

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.