Pillola 2: It’s Hard to Be a Saint in the City (1973)

di Dario Greco.

Come in molte altre canzoni di Springsteen, l’ambientazione di It’s Hard to Be a Saint in the City è quella urbana di New York, dove un ragazzo di periferia si ritroverà catapultato nella grande città. Questo gaglioffo si aggirerà con aria spavalda tra i vicoli di una città che giustamente non può ancora riconoscergli lo status di King. Ed è tutto un pretesto formale al fine di trovare un posto nel mondo dove essere accettato, sfuggendo una realtà triste e opprimente.

Non c’è bisogno di recuperare il primo LP “Greetings from Asbury Park, N.J.” per ascoltare la migliore versione possibile del brano. Ritengo sia superiore la versione live che si ascolta sul cofanetto 1975-1985. Più nervosa, furente e agguerrita, con le chitarre e il pianoforte sugli scudi. Ed è curiosa anche la versione demo presente nel primo volume di Tracks.

Tralasciando la versione glam-rock di David Bowie, che merita comunque un ascolto attento, vista anche l’importanza storica di questa cover, il brano è una presa di coscienza del suo autore, il quale afferma con verismo che ogni conquista ha un costo. Tema che verrà approfondito nei lavori successivi, ma che già in questo esordio giovanile fa capire quali sono le intenzioni del suo autore. Certo non mancano la baldoria e la voglia di irrompere sulla scena, ma è importante il modo, lo stile, soprattutto è fondamentale la scrittura.

Se in questo esordio alcuni episodi tradiscono ingenuità e uno stile ancora acerbo e ridondante, questo non si può dire per i due pezzi finali. Spirit in the Night, ma in misura maggiore questa Saint in the City sono canzoni fatte e finite, che possono funzionare anche lontano dalla sfera intima del proprio autore.

I testi che per tutto l’album erano pieni, saturi e torrenziali, qui vengono messi meglio a fuoco e il risultato è indubbiamente scoppiettante, esaltante. “I had skin like leather and the diamond-hard look of a cobra/ I was born blue and weathered but I burst just like a supernova/ I could walk like Brando right into the sun, then dance just like a Casanova“.

Manifesto poetico e programmatico, questo pezzo apre a un nuovo autore che saprà conquistarsi un posto d’onore nell’Olimpo del rock statunitense. Eppure già questo esordio brilla di luce propria. La supernova che possiamo ammirare nei cieli estivi e che accompagna da lungo tempo la nostra vita, facendo da colonna sonora più che da sfondo.

Springsteen vince la sua prima necessaria battaglia ed è pronto per il salto di qualità. Il suo secondo lavoro sarà infatti quel capolavoro stilistico e musicale che risponde al nome suggestivo di The Wild, The Innocent and the E Street Shuffle. Una canzone su tutte? Beh, ovviamente Rosalita (Come Out Tonight)

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