Pillola 4: Racing in the street (1978)

di Dario Greco.

Non sono tante le canzoni capaci di raccontare una storia credibile come Racing in the Street. Il suo autore, Bruce Springsteen è in stato di grazia, baciato dalla fortuna e da una ispirazione autentica, viscerale, disillusa. Era l’America che faceva i conti con se stessa, con le speranze e le promesse infrante. Cosa c’è di più realistico di una corsa in auto, nella notte, in clandestinità?

Anni dopo scopriremo che l’autore di questo poderoso affresco non era affatto un corridore e non stava raccontando la sua storia. Eppure con alcune semplici, indovinate metafore, con un arrangiamento a tratti minimale, ma con una coda strumentale dove il pianoforte e l’organo sembrano rincorrersi e dare gas frizionando alla perfezione, ci immergiamo in un racconto di strada che potrebbe essere ambientato in qualsiasi posto degli Stati Uniti, ma che con estrema facilità possiamo capire anche dal punto di vista del nostro Paese.

Chiunque sia stato un periferico sa bene l’importanza di avere una bella macchina truccata, dove far salire la ragazza dei propri sogni. Sono tipi schivi, insicuri, ma pronti a correre e a rischiare tutto, quelli che vengono cantati e raccontati da Bruce Springsteen in Racing in the Street. Tutto il disco, Darkness on the Edge of Town pare un’elegia notturna sull’ultima possibilità di redenzione, di combinare qualcosa di buono, ma anche di sbagliare e di non avere dubbi, rimpianti, rimorsi. Il rimorso di sentirsi vivi, di sentire di poter ancora fare qualcosa nella notte.

Il protagonista prima conquista la sua amata, ma poi pur avendola ancora al proprio fianco, sembra averla persa, qualcosa nei suoi occhi è cambiato, probabilmente per sempre. Le parole non dette, che condizionano i nostri rapporti, da adulti. Springsteen è ancora giovane, ma si percepisce che qualcosa è andato storto, il suo viaggio verso la celebrità ha avuto una brusca battuta d’arresto dopo Born to Run e anche il suo stile compositivo ne risente, contaminando il romanticismo delle sue opere passate, con la disperazione e il vuoto di ciò che sarebbe arrivato da lì a breve (Nebraska).

La musica ci accompagna in un questo trip dove a sostenere il viaggio sono principalmente una ritmica accennata, la chitarra elettrica e il pianoforte. Probabilmente la migliore ballata di tutti i tempi, per un disco memorabile che ha lasciato il segno e che gira ancora bene, nonostante i suoi 43 anni. 

Spare Parts

Benvenuto su badlands.it

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.