Monaco: normale, quasi banale

di Andrea Fiori

È stato il mio primo concerto europeo del The River Tour, dopo averlo visto negli USA.

La versione breve di questo commento è: concerto normale, quasi banale. Lo dico consapevole di peccare di lesa maestà e di tirarmi addosso qualche rimprovero. Niente a che vedere con quello di Rochester visto a fine febbraio.

La banalità del concerto non sta solo nella scaletta che in generale per me incide pochissimo nella qualità di un concerto, salvo quando è veramente, e letteralmente, eccezionale. La banalità l’ho vista nell’approccio di Bruce, e del pubblico, al concerto.

Parto da Bruce.

Se il concerto è cominciato è cominciato alle 19.10 Bruce e la band, peraltro senza Patti, sono arrivati allo stadio alle 19.09. Lo so perché li ho visti, mi sono passati davanti sui loro bei van neri. Senza che nemmeno ce ne accorgessimo, erano tutti sul palco e avevano attaccato Prove It All Night. Non dico che la preparazione al concerto debba durare ore, anche se mi piace pensarlo, ma due minuti sono davvero pochi, anche se hanno fatto ore di training autogeno in albergo.

Subito ho avuto la sgradevole sensazione, poi confermata, che sarebbe mancata l’ispirazione, che Bruce e la band fossero lì “per forza”.

L’interazione con il pubblico è stata praticamente nulla. Se per fortuna ci siamo risparmiati i cartelli con le richieste – nel senso che Bruce non li ha raccolti, non che non ce ne fossero – dall’altra parte il nostro non ha detto una sola parola al pubblico, se si escludono “Munchen” e “Danke”. A onor del vero, anche in inglese non ha detto molto, nessun saluto particolare, nessun commento, nessun aneddoto.

E la mia sensazione che non fosse ispirato cresceva…

La scelta delle canzoni. Mi era chiaro, ben prima di comprare i biglietti dei concerti a cui andrò, che in Europa non avrebbe mai suonato tutto l’album (ho qualche speranza per Milano e Parigi), ma ca**o le canzoni sono ormai sempre le stesse, ripetute a oltranza, e sono pure assortite in un modo tale che io (e sottolineo io) non ci trovo alcun senso – con una eccezione, di cui dirò fra poco.

Innanzitutto dovrebbe cambiare titolo del tour, di fiumi o ruscelli non c’è traccia, nella trasposizione nel concerto del significato dell’album oltre che nella scelta delle canzoni. In secondo luogo, il divenire delle canzoni è totalmente sconclusionato. Ad esempio, non capisco che diavolo c’entra I’m on Fire nel mezzo delle canzoni da Working on the Highway a The Rising, a sua volta seguita da Thunder Road e poi LOHAD. Boh! Se qualcuno me lo spiega, ascolto volentieri.

E ancora… Per me Johnny 99 è una canzone drammatica, non una festa come ormai è diventata… per pietà non dico nulla della bambina con un sole di cartone in testa salita sul palco a cantare Waiting o del bambino obbligato da qualche genitore a salire, imbracciare la chitarra e fingere di suonarla su Dancing… il giro del pit su Hungry Heart è inutile… l’errore all’inizio di No Surrender ormai non fa più ridere nemmeno mio figlio di 8 anni quando glielo racconto.

Mi sembra che Bruce voglia a tutti i costi divertirsi e compiacere il pubblico: del concerto io ho una idea diversa, per me è un rito, quasi una liturgia, deve “dirmi” qualcosa.

Venerdì Bruce mi ha detto qualcosa solo su American Skin, bellissima, carica di emozione e interminabile, che, sebbene lui non abbia spiegato nulla, ho immaginato abbia cantato pensando ai fatti di Orlando e alle 49 persone morte: continuava a ripetere “you can get killed just for living…”.

E poi mi ha parlato alla fine, durante For You, solo armonica e chitarra, con tutto, e dico tutto, lo stadio in assoluto e perfetto silenzio (e non mi venga a dire che non può suonare, che so, Stolen Car in uno stadio) ma in questo caso per me fanno molto sia la canzone sia la sua interpretazione acustica.

Sempre secondo il mio personalissimo parere, e cambio argomento, il pubblico non ha contribuito per nulla a ispirare Springsteen e la band.

Avevo un comodo posto in tribuna, che ho dovuto lasciare alle 19.11, sull’attacco di Prove It, mentre cercavo di capire da dove fossero comparsi sul palco Bruce e la band, perché i dirimpettai e anche l’addetto alla sicurezza non volevano assolutamente che stessimo in piedi: dopo qualche minuto di discussione, anche animata, con i simpatici teutonici che non capivano una parola di inglese ma ci hanno detto che o stavamo seduti o uscivamo dallo stadio, abbiamo cercato, e trovato, dei posti vuoti in una zona praticamente deserta della tribuna, e se era deserta una ragione ci sarà stata. Eravamo talmente bassi sulla tribuna che vedevamo a malapena il palco al di sopra le transenne che delimitano la tribuna.

Ma, aldilà delle nostre vicende personali, il pubblico mi è parso (verbo non casuale) distaccato, a tratti non interessato, e non solo quello sulle tribune, che è stato seduto per quasi tutto il concerto: da e verso il prato, che poi prato non è perché è tutto asfaltato, è stato un continuo via vai di gente dall’inizio alla fine, i cori sono stati inesistenti ma questo forse non è tanto male, sulle tribune su Born to Run metà della gente era seduta!

Un simpaticissimo signore tedesco, incontrato ieri mattina in giro per Monaco, ci ha detto che in realtà il pubblico gli è parso “very hot”, quindi è proprio vero che è sempre una questione di punti di vista. A dire il vero, ci ha anche detto che non ricorda un concerto come Milano 2003, di cui guarda il dvd ogni 31 Dicembre, prima della mezzanotte, come auspicio per il nuovo anno.

Scusandomi per la lunghezza, concludo dicendo che per me Bruce è e resta almeno una spanna sopra tutti gli altri, che nonostante tutto ieri ero senza voce e con le gambe doloranti, che anche questa volta l’ho ringraziato per avermi fatto magonare e venire la pelle d’oca perché vuol dire che il fiume non è asciutto ma che probabilmente non comprerò il biglietto per Zurigo (aspettavo Monaco per decidere) perché, pur andando ad altri suoi concerti da qui al 31 Luglio, purtroppo non ho visto in Bruce la stessa passione che ho ammirato ad esempio lo scorso ottobre al concerto di Glen Hansard.

The River Tour 2016
One comment to “Monaco: normale, quasi banale”
  1. Se non fossi amante del Boss, come del resto lo sei tu, avrei potuto riempire questo post d’ìinsulti. Invece ti ringrazio, perché mi dai lo spunto per riflettere su chi è e cos’è il The River Tour 2.0.
    Ormai la speranza di vedere la ESB in versione originale mi è svanita da tempo, forse da quando ho visto San Siro 2012. Questa volta ci ho sperato, ho anche gioito, ma credo di essermi illuso un’altra volta per niente.
    Questo juke-box formato concerto dove tutti si sentono in dovere di dire la loro con cartelli e cose del genere sta togliendo stimoli e sentimenti. Oggi attendo Milano con trepidazione nella speranza di poter dire “è ancora lui!!” basandomi sul fattore campo più che sul resto.
    Resta la passione, quello sì, resta la gioia di poterlo ascoltare ancora una volta, resta il vero spirito, quello che non ti abbandonerà mai. Speriamo che non resti, troppo a lungo, anche l’amaro in bocca.
    Grazie per questo post, grazie per l’obiettività e per aver dato prova che la passione per il Boss non ha mezzi termini…
    Un caro saluto.

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