Down in gobbaland – Torino 88 Revisited

di Piero Gattone.

Non facciamo tempo a celebrare un evento, che ne arriva un altro, venticinque anni da Torino ’88, per tanti il primo contatto, per altri il secondo concerto, per altri ancora uno dei tanti motivi per sperare che il Dr Emmett Brown completi i suoi studi e metta a disposizione la sua DeLorean.

Non facciamo tempo a celebrare un evento, che ne arriva un altro, venticinque anni da Torino ’88, per tanti il primo contatto, per altri il secondo concerto, per altri ancora uno dei tanti motivi per sperare che il Dr Emmett Brown completi i suoi studi e metta a disposizione la sua DeLorean.

Dove ero venticinque anni fa? Semplice. Passavo il tempo tra le ridenti aule del Politecnico di Torino. Tra un corso ed un esame è stato semplice procacciarsi i biglietti per il concerto, in uno dei tanti pellegrinaggi da “Rock e Folk”.

Il primo problema è la data che leggo sul biglietto. Domenica 12 giugno? Ma come il concerto non si terrà il giorno prima? Ancora oggi non so se il promoter italiano si sia inventato una seconda data al comunale di Torino, senza avere il permesso del management di Brus, delle autorità costituite o di entrambi. Il problema si risolve nel più puro italian style. Chi ha il biglietto del 12 entra in ogni caso l’11. Bene, forse.

Siamo ancora nei ruggenti anni ’80, l’accesso allo stadio è selvaggio, solo i più forti sopravvivono. Ci porterei lo nano a gestire uno di questi simpatici accessi a sardina inscatolata. Per semplificare le cose, prima della compressione c’è un serpentone di transenne che porta all’ingresso, vero e proprio. Come è tradizione per le partite casalingue della gobba, scavalchiamo le transenne, e tagliamo un pezzo del serpentone. Ci fanno pure rientrare nella coda. Ah i bei tempi passati.

Sopravvissuti alla compressione finale, entriamo nel prato, tranquilli e paciarotti e ci piazziamo al confine tra la zona di guerra ed il mixer. Un caso fortuito. Qualche genialoide della security, chiude l’accesso al prato causando un delirio senza precedenti, per fortuna che il dio degli accessi ai concerti vigilia e nessuno resta seriamente offeso.

Ovviamente prima di chiudere il prato, fanno entrare quell’enorme coglione di Gabriele “i fans di bruce che fanno migliaia di chilometri per un concerto sono come le ragazzine urlanti che vanno sotto l’albergo dei durani o degli spandazzi a Sanremo“ Ansaloni ad intervistare gli astanti. E chi è Gabriele Ansaloni? E’ Red Ronnie, che nello speciale seguente a sansiro 85 aveva fatto l’ardito paragone. Per sua fortuna, non trova nessuno che gli da una compilation di schiaffazzi (cit.), rimedia solo qualche insulto.

Il sole alto, davanti a noi la guerra per la tranzenna prosegue. Non ci resta che aspettare. Approfitto dell’attesa per piazzare la solita digressione. Sappiatelo.

Il successo planetario, il live quintuplo che mandato al numero uno, la leggenda di best rock act ever, ottengono l’effetto opposto su Brus, dopotutto era la stessa persona che strappava i sui manifesti pubblicitari nel 1975. E come fare per incasinare le cose?

Pubblichi un album crepuscolare sulle difficoltà dei rapporti umani. It’s easy for two people losing each other in this tunnel of love. Nessuna canzone costruita per essere un singolo riempipista. Basta questo? Naaaaa.

Prepari il tour, aggiungendo i fiati, e scambiando tutte le posizioni sul palco. Sembra una cazzata, ma 15 anni di tour insieme, sempre nelle stesse posizioni, avevano fatto nascere degli automatismi tra i musici che saltano e quindi casini sul palco con errori ed omissioni assortite. Basta cosi? Naaaaaa.

Riscrivi la setlist, elimini praticamente tutti i cavalli di battaglia precedenti all’84, a parte Hungry Heart, Born to Run la fai acustica, confini Rosalita a sporadiche apparizioni. Fai lo stesso show, con minime variazioni, per tutte le date USA. Ed ecco il menu è servito e la digressione terminata, tanto avrei dovuto aspettare 5 ore per riprendere il racconto.

Anche a questo giro, Mamone si presenta sul palco, con la stessa maietta a strissie, a dare prova di come si calmano le folle indemoniate. Nessun risultato, come 3 anni prima.

Roy inizia a ripetere uno strano riff di tastiere che ricorda quello di un luna park. Entra il bigliettaio (un roadie presumo) e poco a poco entrano gli estreeter che prendono il biglietto e si aggiungono alle tastiere di Roy… Entra la Patta, con i palloncini… Entra Brus, con giacca fucksia (sic) e si parte.

Già alla seconda canzone ti spiazza, arriva con la violenza di un treno lanciato la cover di Boom Boom. Ouch. Il treno rallenta un filo con la chiacchierata al parco pre All that heaven e il piccolo bambino di Bigman, con il suo piccolo sasso-fono.

E poi via… senza pause, tirando all’inverosimile. Seeds, la citazione di Gimme Sherlter in Cover Me, l’intro di piano di Spare Parts, piccolo capolavoro dimenticato, War e Born in the USA a chiudere il primo set.

Venticinque anni fa suonava due set più i bis, ora suona per lo stesso tempo senza interruzioni, come cazpita fa?

Siamo nell’intervallo, abbiamo mezzora da far passare, mentre riprendiamo fiato possiamo permetterci di aprire una parentesi e spantegare un po’ di spocchia. C’e’ qualcosa che non funziona nel primo set lasciamo perdere che tra Seeds,War e Born in the USA forse ce ne una di troppo, ma sono anche fuori tema. Fai tutto il concerto con canzoni che parlano di relazioni, e poi ci schianti tre canzioni ”politiche”. Boh, contento tu.

Riprende il concerto, e Bruce estrae il bigino del rock, appare il jungle beat di She’s the one, il rockabilly di You can look, tornata simile alle prime outtakes di The River, il soul di I’m a coward when it cames to ammmore.

Visto che aveva appena dichiarato di avere due facce, ci porta a fare un viaggio nei luoghi oscuri di I’m on fire, One step up e Because the night.

Dopo Backstreets, inizia la grande festa finale, Light of the day con cui dimostra un’altra volta la sua follia, tra tutte le canzoni che hai composto chiudi il concerto con un inedito regalato a Joan Jett? Che brano hai regalato… e soprattutto sul disco ci metti When you are alone, are alone…

La Born to Run acustica diventa un sussurro di speranza , Have Love Will Travel ci schianta e la Twist and Shout finale chiude definitivamente la partita.

E’ bello scrivere del passato. Sai già cosa succederà dopo.

Un mese dopo annuncia la sua partecipazione all’Amnesty Tour, ma il promoter e il mio docente di complementi di matematica non si accordano per una data comoda e mi tocca rinunciare al concerto. Quattro anni dopo, nel settimo anniversario di sansiro, Brus tornerà ma senza E-street

Per rivedere la estreetmi ci vorranno 3964 giorni.

Tanto sono paziente.

 

Tunnel of Love Express Tour

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