Travolto dalle tenebre o accecato dalla luce?

La dicotomia LUCE-TENEBRE nelle canzoni di Bruce Springsteen.

di Dario Greco.

In principio quando Dio ebbe creato il cielo e la Terra come un’unica casa, l’ombra proiettata dai corpi mondani avvolgeva nell’oscurità le cose racchiuse in essa… in seguito una luce è stata data al giorno e il buio alla notte. (Ricognizioni Clementine)

E’ con umiltà davvero sincera, anzi con un certo sentimento di soggezione, che scrivo le prime parole di questo nuovo articolo. Quali parole, sufficientemente semplici nella loro sublimità, e sufficientemente sublimi nella loro semplicità, saprò trovare per procedere all’enunciazione di questo mio tema?

Sarò inoltre tanto temerario da contraddire, in maniera pop, le conclusioni cui sono giunti molti degli uomini più grandi e giustamente riveriti, mettendo dunque in discussione la loro sagacia? Tutto merito della mia sfrontatezza e del tocco con cui voglio parlare di un argomento tanto importante. Chi vi scrive, inoltre si preserva dall’esprimere un parere netto su questi argomenti, non sarebbe questa la giusta sede per questo tipo di discussione.

Su fosforescenze, trekking light e guerre contro l’Oscurità

Da piccolo avevo paura del buio delle tenebre così andavo in giro sempre con una piccola torcia elettrica, o con dei fiammiferi. Con tutto quello che il mio animo innocente sentiva di dover portare per combattere le tenebre. Sentivo in me che una piccola luce mi avrebbe fatto compagnia e aiutato a sconfiggere la paura dell’ignoto, del nulla che “vedevo” e percepivo nell’oscurità. Inquiete Tenebre e lunghe all’universo meni, direbbe il Foscolo, “Brutto cacazzaro che non sei altro!”, mi apostrofava invece mio fratello maggiore, quando mi accompagnava tenendomi per mano, di sera. Ero terrorizzato dall’oscurità, o se vogliamo da quella libertà rappresentata dal buio, libertà di pensiero e di immaginazione, che da sempre sono state presenti in me, specie in età formativa.

Luci e ombre. E’ così che mi piace sintetizzare il concetto di spettacolo, di arte o se preferite, di intrattenimento. Dovendo trattare questo tema ho scelto un artista che conosco bene per poterlo fare al meglio: Bruce Springsteen.

Un cantautore che nel corso degli ultimi 40 anni ha rappresentato al meglio gli elementi essenziali della teatralità di un live act. Attraverso alcune azzeccate metafore il suo songbook si muove tra la luce e l’oscurità. Un musicista dunque, per spiegare e sviscerare tematiche importanti e alte in maniera semplice e pop; il tentativo di attraversare il cuore di tenebra che risiede in ognuno di noi.

La sua è una parabola artistica costellata da luci e da qualche ombra, più le luci, a mio avviso. Eppure Bruce Springsteen è stato abbastanza uomo da affrontare le tenebre, e credendo di sconfiggerle ha costruito la sua carriera artistica. Una bella favola, secondo molti, ma non tutti i suoi detrattori. Qui però ci interessa raccontare la dicotomia tra luce e tenebra e per farlo utilizzerò le sue parole, quelle che più hanno colpito il mio cuore e la mia mente di adolescenza inquieta e periferica. Voglio iniziare dalla fine, per una volta.

Immedesimatevi, per un istante, con un promettente autore di canzoni rock che alla soglia delle sue 35 primavere sta facendo i conti con la propria carriera artistica. Luci e ombre. Il successo tanto desiderato sembra ancora lontano, malgrado nei sei lavori da lui realizzati ha dato fondo a tutto quello che aveva dentro. Ogni singola nota è stata suonata, scritta e cantata per come la sentiva, per come voleva farla conoscere al mondo. Sono arrivati elogi da artisti del calibro di John Lennon e cover di successo come quelle realizzate da Manfred MannPatti Smith e David Bowie. Neppure questo però bastava. Il limite era un pezzo di cielo, forse. Così per il suo nuovo album: “Born in the U.S.A.”, Springsteen scrive più di 70 pezzi, e nonostante questo secondo il suo manager mancava ancora una canzone per completare questo nuovo disco.

Ferito nell’orgoglio e spinto dal senso di frustrazione per il fatto di non riuscire a scrivere pezzi che incontrassero il gradimento di un pubblico più vasto di quello dei suoi fan, Bruce scrisse in un solo colpo “Dancing in the Dark”. La scrisse, come è facile intuire, durante una notte di insonnia e di ripensamenti sulla sua vicenda umana e artistica. Qualche anno prima aveva dato alle stampe un album intitolato Darkness on the Edge of Town, capolavoro formale e tematico di un artista 30enne forse anche troppo maturo, se rapportato all’età anagrafica. Tre canzoni hanno segnato il successo di Bruce SpringsteenBorn to RunHungry Heart e Dancing in the Dark, un autentico blues urbano contemporaneo. Non lasciatevi ingannare dal suo ritmo trascinante, ma ascoltate con attenzione le parole, cupe, quasi angoscianti di queste liriche. Potrebbe essere una pagina di diario di un adolescente in crisi. Questo fu l’effetto che mi scaturì il testo, quando lo lessi, molti anni fa.

Impotenza, frustrazione, isolamento.

Mi alzo dal letto la sera e non ho nulla da dire. Ritorno a casa la mattina vado a dormire con la stessa sensazione. Non ho nulla, sono solo stanco amico, sono solo stanco e stufo di me stesso.

E poi ancora:

I messaggi diventano sempre più chiari, la radio è accesa e mi sto muovendo intorno. Mi do un’occhiata allo specchio voglio cambiare i miei vestiti, i capelli, la faccia. Amico, non andrò da nessuna parte finché vivo in una topaia come questa, c’è qualcosa che accade da qualche parte […] Ti aggiri attorno mentre invecchi, c’è una maldicenza da qualche parte che mi riguarda, mi scuoterò via questo mondo dalle spalle coraggio piccola, si ride di me. Dicono che devi sempre essere affamato hey, piccola, sto quasi per morire di fame stanotte, ho assoluto bisogno di un po’ di azione sono stufo di aggirarmi qui intorno cercando di scrivere questo libro, ho bisogno di un po’ d’amore per scuotermi […]

E’ un uomo nel mezzo del cammin, che brancola nel buio, mentre danza avvolto dall’Oscurità.

Permettetemi una piccola digressione fantasiosa, adesso:

Minosse, re di Creta era il giudice del mondo sotterraneo dei morti, nonché il signore del labirinto. E come Osiride venne sopraffatto dalla potenza del male e delle tenebre. Lungo un viaggio mistico si perdette nella sala della giustizia, che era circondata da muri dove vi erano dodici porte da attraversare. E alla ricerca del suo amato giunse Iside, che grazie a Horus sconfisse le tenebre. Il sole batte il serpente Apap, durante una lotta infinita. TeseoHorus, sono dei simboli che usiamo per rappresentare con il racconto del labirinto la scesa nel regno della notte, della morte o delle tenebre.

Si tratta dello stesso labirinto da cui anche Springsteen aveva fatto ritorno due anni prima, plasmando uno dei suoi lavori più riusciti: Nebraska. In Born in the Usa la luce verrà squarciata dai lampi di oscurità di Downbound Train, (attraverso l’acqua) Working on the Highway (il catrame) Darlington County (le manette) e Born in the USA, la title-track (il reduce alienato senza un posto dove andare).

Eppure qualche anno prima, sempre lo stesso individuo, in fase ascendente aveva celebrato la vita, in tutti gli aspetti più entusiastici, visionari e colorati. Era un giovane autore nato per correre, capace di spiegare come bisogna muoversi per essere un santo in città, e tra le sue visioni vedeva la luce.

Blinded by the Light invece, del 1973, ci mostra un giovane 23enne dalle cui liriche trasuda un perfetto mix di dolcezza e ribellione, wild & innocent, come dirà lui stesso poco dopo. Rabbia e frustrazione, disagio adolescenziale e voglia di crescere per scappare da questi luoghi pieni di fallimento e di viltà. Alcuni critici dissero all’epoca che il giovane Bruce non aveva inventato nulla. Si sbagliavano. Non si era però sbagliato un certo Lester Bangs che nelle note finali di una canzonatoria recensione profetizzò: tenete d’occhio il ragazzo, perché potrebbe diventare un grande della musica. Nelle sue liriche c’era un mondo d’intenti: Bob Dylan, l’estetica cinematografica, il Grande Romanzo Americano e chissà che altro ancora. Soprattutto c’era tanta voglia di emergere in quelle lucide visioni. C’era la luce, prima di ogni altra cosa e sopra ogni altra cosa.

Blinded by the Light gode della libertà espressiva di un esordiente, ma con il carattere e la volontà di una persona piuttosto consapevole e caparbia. Sempre Bangs sulle pagine di Rolling Stone scrisse: ”Nonostante la sua verbosa eloquenza, il giovanotto ha trovato il modo giusto per far funzionare ogni singola parola cantata in questo disco”.

Non basta gridare contro le tenebre, bisogna accendere una luce, dice San Nilo. La missione di Springsteen è esattamente questa:

Batteristi pazzi vagabondi e indiani in estate con un diplomatico teen-ager nei casini con gli orecchioni mentre l’adolescente segue la sua strada nel suo cappello con un macigno sulle spalle sentendomi un po’ più vecchio io ho fatto un giro sulla giostra con questi davvero sgradevoli starnuti e gemiti la calliope si è frantumata al suolo. Qualche ubriaco su di giri puntava verso il night schioccando le dita battendo le mani…

E lei fu accecata dalla luce, libera come il peccato un’altra fuggitiva nella notte. Accecata dalla luce, caduta così in basso da non riuscire più a trovarsi, ma andrà tutto bene. Mamma mi diceva sempre di non guardare direttamente il sole. Oh, ma mamma è proprio lì che c’è il divertimento!

Questo brano apre le danze del suo primo album Greetings from Asbury Park, N.J. E questa cartolina dalla Jersey Shore, sarà il biglietto da visita che il giovane Bruce firmerà per far conoscere la sua musica al mondo. Una carriera lunga come una maratona, e il desiderio inappagato e inappagabile di dare sempre il massimo, disco dopo disco, concerto dopo concerto, per oltre 40 anni.

Dancing in the Dark è la riflessione di un uomo maturo e consapevole, a un passo da un successo straordinario e planetario, ma pur sempre meritato. Blinded by the Light è invece l’inno di gioia e di intenti con cui salutare, in ogni senso possibile, il mondo. Proprio come quando ci si sveglia di buon mattino, con tanti propositi e la voglia di fare. E se alla sera si è stanchi di ballare e di condividere un sorriso con il mondo, basta accendere lo stereo e lasciare alle note di Dancing in the Dark il compito di descrivere tutto quello che è andato storto, tutto ciò che non va come dovrebbe. Non è forse questo il compito del rock?

Springsteen ha cantato quasi sempre la realtà delle cose, e proprio per questo è stato premiato da un pubblico che si è identificato e riconosciuto con quella voce autentica, con quel desiderio di rivalsa, che in fondo alberga in ognuno di noi. Nel cuore delle tenebre, così come nella luce più accecante. Un percorso per vivere, una strada per correre. Con la migliore musica rock di sempre, possibilmente.

Finale o fanale?

Il paradosso del pubblico. Dancing in the Dark conquisterà le classifiche di vendita mentre Blinded by the Light faticherà a trovare la meritata collocazione tra le hit del 1973. Almeno in un primo tempo, prima che Manfred Mann con la sua versione funky e pirotecnica non riuscirà a lanciarla fino alla top 10. Sono quelli che chiamo i paradossi del successo. La luce, l’entusiasmo e la speranza alle volte fanno fatica a trovare un loro giusto spazio, mentre le tenebre di Dancing in the Dark verranno ascoltate e ballate da milioni di utenti. Quasi come se il messaggio fosse un inutile orpello decorativo, nella grande cornice musicale quotidiana. E per un bambino cresciuto con il mito delle trekking light, moderna incarnazione di Horus, questo rimane ancora un grande mistero insoluto.

Hai lasciato il tuo cammino azzurro in paradiso, o figlio del cielo dai capelli d’oro! L’ovest aprì le sue porte, il giaciglio del tuo riposo è là. Le onde vengono per contemplare la tua bellezza. Sollevano le loro teste tremanti. Vedono te amabile nel tuo sonno. Indietreggiano con paura. Sta nella tua ombrosa caverna, o Sole! Fa che il tuo ritorno sia nella gioia. (Ossian)

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