Su Springsteen, dynamic pricing e Tom Joad

di Alberto Calandriello.

PREMESSA DELLA PREMESSA
Non mi interessa dirvi ad inizio post quante volte abbia visto Springsteen dal vivo, non c’entra nulla col discorso e non credo che un qualunque numero possa modificare in meglio o in peggio l’opinione che avrete di quanto sto per dire, se avrete voglia di leggere


PREMESSA
Non ho mai misurato il mio “essere fan” di Bruce (come di chiunque altro) con il numero di concerti visti, ognuno ha i suoi parametri (ammesso che ne serva qualcuno) per quantificare la sua passione, il mio non è questo, altrimenti sarei super fan solo di Paolo Bonfanti (cosa che sono a prescindere) e della Sband (gruppo local di pellegrini amici miei che avrò visto xyz volte)


DETTO QUESTO
è sicuramente una pagina che avrei preferito non leggere\vivere nella carriera di Springsteen; la storia dei biglietti che aumentano\diminuiscono di prezzo sui siti ufficiali di vendita (non ho abbastanza interesse per approfondire bene il meccanismo) è né più né meno la stessa di Seatwave, dei bagarini davanti allo stadio, all’uscita della metropolitana o della tangenziale il giorno del concerto, ma stavolta ci sono implicati i canali ufficiali e soprattutto l’artista, perché, sia chiaro, sono straconvinto che Bruce sapesse ed avesse avallato questo sistema, forse sottovalutando l’impatto, la reazione e l’esito secco (isteria da biglietti = biglietti a tre zeri).

Si, la delusione è forte, per il messaggio in sé, non per l’effetto pratico che questo ha o avrà sul mio portafoglio, visto che in America a vedere Bruce ormai non credo potrò andarci mai e tutto sommato nemmeno le date italiane mi ispirano molto al momento.

Piccola postilla per quelli che dandosi di gomito sostengono che sta storia dimostri come i prezzi italiani non siano poi così cari: NO, sono cari, per posti orrendi e venduti con tempistiche scorrette, in generale, figurarsi in tempi di pandemia con dinamiche di apertura\chiusura del mondo sempre incombenti.

L’Italia ha una tale carenza di posti adatti a concerti medio-grandi che stiamo rimpiangendo san siro, che tolta la retorica da 21.06.85 ha sempre raccolto più critiche che consensi per l’aspetto sonoro della faccenda; e a san siro Bruce non ci suona per colpa di una persona che pensava di accampare chissà quale prelazione e invece è rimasto col cerino in mano e si è inventato 3 posti senza uno straccio di possibilità di sedersi.

Ma il punto è che appare evidente come questa speculazione sulla passione altrui (nostra e di chi vive o va in America) strida parecchio col legame che da sempre Bruce ha voluto creare col suo pubblico e questo nel 2022 personalmente non me lo aspettavo.

MA
per Dio, un po’ di equilibrio!
Nel giro di una (brutta) giornata di prevendite americane, Bruce è passato dalle stelle alle stalle, dall’essere considerato una sorta di divinità ad essere il peggiore dei delinquenti, un traditore, uno che ci ha SEMPRE preso in giro e a cui augurare le peggio cose.

Atteggiamento tipico dell’amante tradito e ferito, quindi sotto certi aspetti comprensibile, ma che spero venga poi ridimensionato con una anche minima razionalizzazione della vicenda.

Probabilmente è l’ultimo tour con la ESB e dopo due anni di pandemia, dopo lo streaming, il download selvaggio e tutto il circo, Bruce e compagnia vogliono mungere la vacca sacra dei fans fino all’ultima goccia, perché poi non ce ne sarà più e perché principalmente sta zozzeria del dynamic pricing prima di 7 giorni fa nessuno l’aveva mai contestata in modo così forte.

L’idea è che possa esserci stato un (brutto) ragionamento del tipo “sappiamo che ci sarà un tot di fans disponibili a spendere certe cifre dai bagarini, tanto vale che i soldi li diano a noi”.

Mi piace? No! La trovo giusta? doppio no! (poi bon se no sembro Cassano)
Cambia qualcosa nel mio essere fan di bruce? NO!

Perché (e torno alla premessa) il mio rapporto con lui è sempre stato “lui canta – io ascolto” e pian piano mi ha portato a non chiedermi nemmeno più se il tal disco “mi piacesse” o meno, ma, in primis, cosa volesse dirmi o darmi.

Da questo punto di vista il raffreddamento non potrebbe mai dipendere da costi\prezzi\biglietti, anche perché altrimenti sarebbe iniziato prima.

IL PUNTO CRUCIALE
per me è invece un altro, ossia cogliere l’occasione per provare una volta per tutte a smetterla di tirare in ballo Tom Joad o il protagonista di Factory ogni qual volta Bruce non faccia qualcosa che assecondi il nostro presunto “spirito proletario” (che poi è lo stesso che porta moltissimi a farsi 8/10 date in America o 10/15 in Europa, nella massima libertà ovvio, ma certo non dimostrando una grande fedeltà agli stessi “valori proletari” di cui sopra, perché Tom Joad col cazzo che aveva i soldi per andare a vedere i concerti).

BASTA
davvero basta, cerchiamo di capire una volta per tutte che una cosa è l’arte, un’altra è l’artista, un’altra ancora (grazie a dio) è la persona che sta “dietro” all’artista.

Bruce NON è Tom Joad
ma nemmeno John Ford era Tom Joad
ma nemmeno Steinbeck era Tom Joad

Bruce ha “usato” Tom Joad (come John Ford e Steinbeck) per FARE ARTE, non per raccontare il suo rapporto coi soldi, gli artisti fanno questo, creano o fanno rivivere personaggi con i quali chi ascolta/vede/legge possa identificarsi e, questo è il modo in cui mi rapporto io all’arte, ai quali possano “parlare” direttamente, dando o insegnando qualcosa A PRESCINDERE dal loro autore.

Bruce stesso lo raccontava a Broadway, parlando di temi più leggeri: lui NON ERA CAPACE A GUIDARE! (“avete visto che bravo che sono?” diceva ridendo, pensando alle mille canzoni sul guidare che ha scritto).
A mio avviso, ripeto, servirebbe un po’ di equilibrio in tal senso: le emozioni, i sogni che ci ha regalato (e sottolineo regalato) in 50 anni restano, cazzo se restano, con o senza dynamic pricing; a me Bruce ha più di una volta regalato (e sottolineo regalato) un punto di vista, un approccio, una spinta, cose che non ho nessuna intenzione di cancellare o negare nemmeno di fronte a situazioni anche più spiacevoli di questa.
Siamo in un momento storico decisamente critico per chi nei cantanti ha “investito” non solo economicamente, soprattutto per la mia generazione e quelle “limitrofe” (diciamo dai boomers ai nati negli 80\primi 90), ritiri, scomparse, cedimenti anche inaspettati al “mercato”, però io conservo con me tutto quanto “di altro” ho ricevuto in questi anni.

Era compreso nel prezzo del biglietto l’entusiasmo provato ascoltando l’ultima strofa di The Ghost of Tom Joad (aridaje), trovandolo il modo migliore per capire che la mia scelta universitaria fosse FINALMENTE azzeccata?
Era compreso nel prezzo del biglietto l’innamorarmi di una persona che era nello stesso stadio dove ero io, nel 99?
Era compreso nel prezzo del biglietto la sensazione che la strofa di Tougher Than The Rest fosse PERFETTA per il mio matrimonio 3 mesi dopo un concerto del 2003?
Era compreso nel prezzo del biglietto il lunghissimo secondo in cui ho pensato che Bruce stesse per dedicare una canzone A ME, MIA MOGLIE E ALLA NOSTRA PRIMA FIGLIA IN ARRIVO, in un concerto del 2005?

Se era tutto compreso allora ok, è come aver vinto una prima fila al Madison Square Garden, altrimenti continuo a sentirmi in debito con lui.

Spare Parts
One comment to “Su Springsteen, dynamic pricing e Tom Joad”
  1. Ragionamento che non fa una piega, nonostante la delusione circa questo sistema di vendita sia legittima. Personalmente non mi riguarda perché è dall’ ultimo tour che salto. Avrei voluto da lui qualcos’altro più che un’ altra celebrazione con la E.Street Band ma capisco che potrebbe davvero essere l’ ultimo con la mitica band ! Personalmente qualcosa si è raffreddato ma non per questo mi sento tradito o pugnalato alle spalle, perché Bruce e la sua musica veramente mi hanno dato tanto. Sono cose che succedono…figuriamoci nell’ arte e nella nostra musica, poi magari quell’ album soul potrebbe benissimo riaccendere certe antiche passioni. E come dici tu Alberto, poco importa se Bruce abbia cominciato a guidare dopo il secondo album e sia stato sul confine a bordo di una Harley e non sul furgone scassato della famiglia Joad, perché non è da quello che si giudica un grande artista…ma a volte succede quello di cui cantava Robbie Robertson su ” American Roulette” !??

    Armando Chiechi

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