Roma!

di Vittorio Pasquali.

Cercherò di essere breve perché qui nello spazio interstellare dove sto tuttora fluttuando la connessione internet è carissima.

Eviterò di parlare quindi troppo della location campestre, della piacevole fila della mattina, di quella sotto il sole del pomeriggio, delle battute di Trotta al momento dell’estrazione, dei tanti amici rivisti con immutato e immutabile piacere, della tranquilla attesa nel pit sotto le nuvole che si sono limitate a minacciare pioggia sgombrando il cielo all’approssimarsi del concerto, dei simpatici e bravi “The Cyborgs”, e passerò subito al dunque.

Galleria fotografica di Barone Rosso

Già le prime otto canzoni avevano cancellato ampiamente ogni dubbio su quale fosse lo show più bello di questo tour (almeno fra quelli che ho visto): l’attacco con “Spirit in the Night” inusuale ma efficace, una notevole “My Love Will Not Let You Down”, una grandissima “Badlands” bella carica là dove deve stare, la sola “Death to My Hometown” superstite dell’originario terzetto dall’ultimo album, una leggendaria “Roulette”, una memorabile “Lucky Town”, canzone che amo e che mi ha deliziato. La doppietta “Summertime Blues”“Stand on It”

Mi volto verso l’amico Augusto e ci diciamo: “Stasera ci spacca”, senza minimamente immaginare cosa ci aspetta.

Dal dubbio sul miglior concerto dell’anno, ormai cancellato, si passerà infatti a un altro dubbio, ossia su quale sia lo show più bello della mia vita, perché quello di ieri andrà a issarsi ai livelli di robe tipo Bologna 2002, Milano 2003, Philadelphia 2009, Helsinki 2012, eccetera.

Prima del concerto avevo notato che veniva appeso alla transenna uno striscione con la richiesta di “NYC Serenade” e il mio commento era stato il solito: “Ancora? Ma non hanno capito che Bruce non la farà mai se non a New York?”.

Quando attacca “Kitty’s Back” sono già felice e appagato, non la sentivo da tanto e mi chiedevo che aspettasse a farla, con la sezione fiati che si porta appresso. Quando Roy parte con l’inizio di “Incident on 57th Street” ho già raggiunto il nirvana, ma Buddha mi suggerisce di tornare sulla terra perché, dice, “potrebbe esserci dell’altro, e poi occhio che l’assolo di chitarra finale sarà una cosa memorabile”. Sul carillon finale di Incident mi dico “Va che figata se ora ci attaccasse Rosalita”, e in qualche modo capisco che è esattamente quello che sta per succedere, e quando succede mi parte la brocca come capita di rado e comincio a esultare e a gridare come forse nemmeno al gol di Grosso contro la Germania… “Rosalita” attaccata a Incident vale doppio.

E poi mi dico… “Aspetta aspetta… Ha fatto Incident, ha fatto Rosalita, hai visto mai che ora… che quello striscione che hanno attaccato… strano in effetti che glie l’abbiano lasciato attaccare davanti alla transenna… ma no, dai, non può essere, mi sto facendo delle illusioni, meglio non pensarci nemmeno per non rimanere male poi…”.

Quando alla fine di Rosie Bruce scende verso la transenna e va a prendersi lo striscione mi si piegano le ginocchia. Quando lo mostra alla folla io mi volto, abbraccio tutti, mi dispongo all’ascolto in religioso silenzio… L’avevo già sentita, “NYC Serenade”, il 3 ottobre 2003 allo Shea Stadium di New York, ma questa è molto, molto più bella. La sezione d’archi dell’orchestra “Roma Sinfonietta” aggiunge il tocco finale, perfetta, è un’esecuzione PERFETTA, ci guardiamo stupiti, increduli, incapaci di capire come possa essere vero tutto ciò: per me, che non ero al Madison il 7/11/2009, è il sogno di una vita che si avvera: tutto il secondo lato di “The Wild, the Innocent & the E Street Shuffle” suonato per intero (più Kitty in apertura, se non bastasse).

Quello che succede dopo non conta, Bruce potrebbe smettere e andarsene, ormai io volteggio fra i serafini e i cherubini, i troni e le dominazioni, con tutti gli amici sempre intorno a me ma dotati ora di singolari alucce. A un certo punto un signore dalla lunga barba bianca e fluente mi chiede “Figliuolo, ma davvero non vuoi tornare giù per sentire il resto del concerto?” Io gli rispondo “Bah, non so, Signore, tanto con una scaletta così i bis saranno sicuramente standard”.

Anche se la chiusura con “Shout” è da sballo e “Thunder Road” acustica è da sogno, ma come fa a sognare uno che sta già sognando? Sogna di sognare?

Mentre il mio corpo lascia l’ippodromo delle Capannelle lungo polverosi sentieri colgo un fine dialogo fra uno della security e uno spettatore: “Non te la devi pijà cco mme”; “No, nun so’ io che me la sto a pijà cco tte, sei te che ce stai a cacà er cazzo a nnoi”; “Sì, vabbè, ciao!”

Ma non basta a riportarmi sulla Terra.

Wrecking Ball Tour

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